mercoledì 7 maggio 2014

i servizi segreti








 Vediamo adesso di fare qualche considerazione pratica.
Le informazioni possono essere raccolte da “fonti aperte” o “fonti chiuse”, le prime sono costituite da ogni genere di supporto liberamente accessibile a chiunque, archivi informatici e non, siti internet, mass media, pubblicazioni di qualsiasi tipo, le seconde invece sono quelle la cui accessibilità è vietata, fonti oggetto di specifica attività di intelligence e la cui protezione è essenziale.  Uno degli aspetti fondamentali 



da prendere assolutamente in considerazione è l’attendibilità delle fonti utilizzate. Secondo l’esperienza del Primo Dirigente della Polizia di Stato Dr. Claudio Mastromattei, attuale Comandante del II Reparto Mobile di Padova ma con esperienza pluriennale al comando di apparati investigativi quali gli uffici DIGOS della Questura di Pescara, da me intervistato,  le fonti aperte più attendibili sono sicuramente gli organi di stampa, soprattutto quelli non strettamente interessati ad una stampa “di parte”, mentre devono essere oggetto di valutazione più profonda le fonti telematiche, infatti i siti web sono facilmente plasmabili da chi li gestisce ed è molto probabile che vengano gestiti più per depistare gli investigatori che per diffondere notizie affidabili. Diceva J.F. Kennedy:”Non penso che tutti i rapporti dei servizi segreti siano scottanti. Alcuni giorni apprendo di più dal New York Times”. Le fonti più sicure invece sono sicuramente quelle chiuse, anche se la gestione di agenti infiltrati, siano essi “regolari” o esterni utilizzati saltuariamente, è molto più impegnativa per la natura stessa del ruolo.
Il compito più gravoso dopo la raccolta delle informazioni, a prescindere dalle fonti utilizzate, è la loro analisi. Bisogna valutare bene quali sono le notizie che potrebbero essere utili e stimare la valenza della fonte (frasi pronunciate da una persona che ricopre un determinato ruolo in un determinato momento storico hanno valenza diversa da quelle pronunciate dal “comune” cittadino).
Negli ultimi 24 anni ci sono stati due punti di svolta fondamentali, due date ben precise che hanno mutato il modo di “fare” intelligence e di conseguenza l’organizzazione degli stessi apparati. La prima data è  il 9 Novembre 1989. Con la caduta del muro di Berlino infatti gli equilibri del mondo sono cambiati, improvvisamente si è passati da una gestione globale bipolare ad una situazione multipolare. Cessava infatti la grande contrapposizione tra  due superpotenze (e loro alleati) e si veniva a formare una nuova pluralità di Stati con la loro indipendenza e ognuno con esigenze di autodeterminazione. I Servizi di tutti i Paesi si sono trovati così impreparati a gestire, letteralmente dall’oggi al domani, questa nuova situazione, e tutti sono stati costretti ad adeguare tecniche di raccolta e di gestione dei dati alla luce della nuova situazione politica mondiale. Situazione che è passata dal contenimento di una guerra nucleare alla gestione di geoeconomia, geopolitica e geoinformazione. Gli interessi dell’intelligence, quindi, sono mutati da un’attenzione a segreti di tipo bellico verso un’attenzione ai caratteri socio-politici ed economici adeguando la politica di sicurezza non più sulla difesa ma sulla sfera economica, sulle comunicazioni e sulla tecnologia.
Il secondo cruciale punto di svolta è stato l’11 Settembre 2001. Credo sia evidente che si sia venuto a creare un colossale “buco” nell’analisi delle informazioni perché ritengo debba essere impensabile che non siano stati intercettati messaggi o telefonate effettuati dagli attentatori o dai loro fiancheggiatori. Sempre secondo l’esperienza del Dr. Mastromattei, dopo gli eventi dell’11 Settembre si è resa necessaria una riorganizzazione dei servizi di intelligence puntando però soprattutto sulle risorse umane, sia dal punto di vista della quantità, aumentando quindi il numero di persone deputate all’analisi, sia soprattutto dal punto di vista della qualità. Si è mirato cioè su una maggiore attenzione alla classe degli analisti, assumendo personale più qualificato che in passato, proprio per cercare di valutare più attentamente la grande quantità di dati raccolti e per una migliore gestione di questi dati, essendo divenuto prioritario, proprio a causa della mole di informazioni, dover vagliare attentamente dati “buoni” e dati inutili.
In ultima analisi la D.ssa Vilasi nel suo "Manuale d'intelligence" fa una disamina delle strutture in maniera sistematica, chiara, assolutamente cristallina dal punto di vista organizzativo, presentando inoltre l’operato dei Servizi Segreti in maniera quasi romantica. In base alla mia esperienza di poliziotto “da strada” non riesco ad essere completamente d’accordo sull’aspetto romantico, quasi hollywoodiano da spy story a volte con connotazioni noir di cui si vuole spesso ammantare la vita delle “spie”. Molti sarebbero gli argomenti da confutare, su cui discutere, e confrontarsi costruttivamente. Un punto fermo, a mio giudizio, della tesi del libro è quello secondo cui solo un Governo forte, legittimo, controllato da un Parlamento democratico è in grado di gestire con equità e giudizio l’operato dei servizi di intelligence. Continua però ad essere presente nella opinione pubblica una diffidenza di fondo verso coloro che si adoperano nella raccolta e nella gestione di queste informazioni. Prendendo come riferimento una struttura governativa, quale possono essere i Servizi Segreti che ogni Nazione annovera nelle sue istituzioni, si riscontra nei cittadini una non totale fiducia nell’operato dei rappresentanti delle agenzie di intelligence, dovuta forse anche al fatto che chi lavora in una struttura di questo tipo compie il suo dovere in silenzio. Vero è anche che purtroppo troppe ombre gravano sull’operato dei Servizi Segreti di ogni Nazione e su presunte attività svolte oltre i limiti della legalità (fanno oramai parte della oscura storia italiana le tangenti pagate con i cosiddetti “fondi neri” che il SISDE versava all’allora Ministro dell’Interno Scalfaro per tacere sul loro operato).

 Citando Churchill:” I panni dei servizi segreti si possono, anzi si devono lavare più spesso degli altri; ma, a differenza degli altri, non si possono mettere ad asciugare alla finestra”.


Luca Martorana

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