martedì 31 marzo 2020

"Storia della tortura" di Giovanni Laterra - Recensione

Quarto appuntamento con le recensioni. Oggi voglio condividere con voi un piccolo saggio, scritto da Giovanni Laterra, che ci fa vedere il diverso uso che l'uomo ha fatto della tortura attraverso i secoli, illustrandoci metodi e macchinari e la loro evoluzione negli anni. Per provare a conoscere un po' di più il lato oscuro dell'uomo.



SINOSSI:
Pali, seghe, gabbie, asce, funi, chiodi, ruote, carrucole. Per riuscire a spremere il dolore dalle membra e dall'anima di una vittima si potrebbe pensare a chissà quali fantasiose macchine partorite dall'ingegno umano. La storia della tortura parte da qui, dall’uso di attrezzi che fanno assomigliare ridicolmente il boia a un fabbro o a un falegname. Più avanti, col trionfo della tecnologia, a un elettricista o a un maldestro cavadenti. E dunque il bacio della vergine e la maschera d'infamia, l'ordalia del fuoco e quella dell'acqua, il piffero del baccanaro e la lingua di capra. Nomi o nomignoli che oggi, allontanati ormai da noi dolori e morte, ci fanno francamente sorridere o tutt'al più pensare a strani marchingegni esotici. E squartamenti, colate di liquidi bollenti, lussazioni, fratture e poi scosse elettriche, affogamenti interrotti, false fucilazioni. Tutte tecniche sviluppate e perfezionate ulteriormente nell'arco di secoli, che rivelano alla fine i propri scopi, sempre legati a un potere che, legalizzato o no, cerca la confessione, la conversione o semplicemente la sottomissione della vittima fino al paradosso: la Chiesa dei martiri e quella degli inquisitori. La storia, diventata leggenda, di Vlad III Draculea, imparziale impalatore di cristiani, turchi e briganti. L'annunciazione per legge al condannato della data - persino l'ora e il minuto - della propria condanna a morte. Un dolore che dura secoli narrato senza moralismi. Forse solo con un pizzico di ironia per non finirne travolti.


Questa è la mia
RECENSIONE:

Il mio primo grande amore per l’heavy metal (un vero colpo di fulmine) è stato per una band inglese che ha scelto per nome quello di uno strumento di tortura, forse il più famoso: la “vergine di ferro”, la band naturalmente è quella degli Iron Maiden.

Ricordo che, curioso 


di scoprire qualcosa di più sul gruppo rock che mi aveva folgorato, ho cominciato, naturalmente con i limiti dell’epoca (parliamo della prima metà degli anni ’80), a fare ricerche su questa fantomatica “vergine di ferro”, trovando molti altri strumenti di tortura e cominciando a scoprire la crudeltà di cui sono stati capaci i miei simili nei secoli passati. Crescendo e maturando, il mio interesse verso gli strumenti di tortura non è diminuito, semmai è aumentato il disprezzo verso gli uomini che, nel corso della storia hanno volutamente e con coscienza causato delle sofferenze indicibili ad altri uomini riparandosi dietro la giustizia o la religione.
Secondo il dizionario Treccani la tortura è definita come: “coercizione fisica o morale allo scopo di estorcere confessioni o dichiarazioni”.
Quello che invece sconvolge ancor di più è che la tortura non è un retaggio di periodi in cui le civiltà ancora non si erano formate o dei secoli bui del medioevo, ma è ancora viva e utilizzata a tutt’oggi, dietro concetti come “sicurezza nazionale” o “dominio di religione”.
Molti degli strumenti che venivano utilizzati negli anni avanti Cristo, tenaglie, chiodi, ferri appuntiti, vengono utilizzati ancora adesso. Sono però migliorati i materiali grazie all’avvento di tecnologie sempre nuove, e all’introduzione di nuove scoperte (vedi l’elettricità). Ma se per certi versi l’uomo denota ancora un arretramento culturale quasi imbarazzante (si pensi a chi, nel 2020, crede ancora che la terra sia piatta), per quello che riguarda le forme e le modalità con cui infliggere dolore ai propri simili, la fantasia non ha limiti.
Questo piccolo saggio di Giovanni Laterra ripercorre, in maniera non sistematica, e sicuramente non completa vista la vastità della materia, i metodi e gli strumenti che si sono succeduti nel corso dei millenni per causare dolore e comminare morte a colpevoli o presunti tali o, semplicemente, per estorcere confessioni o ancora per “purificare” l’anima di un peccatore.
Insomma, un vero e proprio spaccato della disumanità che ha marchiato a fuoco (mi si permetta) la storia dell’uomo.
L’autore ci guida in un viaggio sconvolgente tra tenaglie, ingranaggi, chiodi, funi, un vero e proprio catalogo del dolore, a volte riportato passo dopo passo da registri dell’epoca che annotavano, con dovizia di particolari, le sofferenze inflitte.
A mio parere nel corso delle pagine sono presenti alcune digressioni storiche che danno l’impressione di essere state inserite solo per “allungare il brodo” come anche, sempre a mio giudizio, è troppo ampia l’attenzione data ai metodi di esecuzione capitale (cosa diversa dalla tortura).
Ma quando Laterra si dedica davvero alla storia della tortura bisogna dare atto che la scrittura è davvero coinvolgente e riesce a trasmettere impressioni realmente forti e a farti riconoscere l’orrore, quello vero, con l’intento di spingere il lettore a riflettere sul fatto che la cattiveria umana non si ferma mai e va sempre combattuta, naturalmente con metodi civili.
Altro merito dell’autore è quello di essere riuscito, senza però essere indulgente, a smorzare la crudeltà delle cronache con quel pizzico di ironia che sottolinea ancor di più i paradossi della storia.
Lettura consigliata a tutti, per conoscere un po’ di più il lato oscuro dell’animo umano, per non trovarsi a considerare normali certi sistemi di cui l’uomo, ahinoi, ancora non riesce a fare a meno.
Luca Martorana

Nessun commento:

Posta un commento

Ogni pensiero aiuta a crescere